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Il fascino del femminino
dai culti agrari all'amore eterno
L'entrata scenografica del tempio
La figura arcana della Grande Madre
La madre eterna. Ascoli Piceno

IL CULTO DELLA GRANDE MADRE

 

La parola madre deriva dal latino matrem, accusativo della terza declinazione (mater, matris). Un termine simile in quasi tutte la lingue indoeuropee, come in inglese è mother, in tedesco Mutter, in portoghese mãe, in francese mère, in olandese moeder, in spagnolo madre, come in italiano, e in tante altre. In tutte la prima lettera è la m, di facile articolazione e che denota l’origine onomatopeica della parola, come mamma. In questo caso però madre ha un’articolazione più complessa del termine mamma perché, secondo alcune ipotesi, deriverebbe dal sanscrito e avrebbe il significato di ordinare , di colei che ordina. Dunque già nel nome c’è la funzione regolatrice della madre e nello specifico nel culto primordiale della Grande Madre, si intende una figura femminile generatrice, che incarna tutti gli aspetti della donna: la fertilità, la generazione, la regolazione della vita. Il culto risale probabilmente al Neolitico, cioè dal 3500 al 7000 avanti Cristo, e ha anticipato culti successivi nei quali queste caratteristiche sono presenti in figure diverse. Insomma, la Grande Madre era una figura immortale, immutabile, inserita in un contesto matriarcale mitico. è un archetipo dell’autorità femminile e della terra che genera. La si ritova poi in alcune figure sacre nate in contesti diversi: Ishtar, Afrodite, Venere, Ecate, Artemide, Diana.

Una delle rappresentazioni più famose della Grande Madre riguarda Cibele, la dea frigia della natura e della fertilità, venerata in Asia Minore e successivamente adottata dai Romani. Il suo culto prevedeva rituali, musica e cerimonie estatiche, incluso il famoso "Taurobolium", un rituale di sacrificio del toro.

Ogni dea incarna un ideale femminile ma tutte, in realtà, sono associate seppur in forme e gradi diversi alla fertilità, al ciclo di rinascita e morte, alle stagioni, alla sessualità, al seme, al frutto. Tutte insieme riconducono all’unità primordiale della Grande madre, al suo carattere tellurico, legato alla terra. Un simbolismo universale che permea tutte le culture e arriva forte ancora oggi a noi, uomini del terzo millennio, che cercano risposte al grande segreto della vita. La Grande Madre è un inno all’amore universale, al piacere carnale, alla vita che vince nonostante tutto, come la ginestra di Leopardi. Anche le raffigurazioni della Grande Madre, ritrovate in varie parti del mondo, rappresentano le cosiddette steatopigie, cioè donne dalle grosse natiche, a testimonianza di un culto per l’appunto dedito alla fertilità, all’opulenza, all’amore. Un culto legato alla terra generatrice, a un animismo originario che ancora oggi si manifesta nei fenomeni olistici, nel sincretismo religioso, nel superamento delle religioni tradizionali, per una visione unitaria e universale.

i miti e i riti dell'Antico Testamento
uno dei volti della Grande Madre
Il fascino dei riti nella notte
La fortuna e l'abbondanza
ogni fiore un atto d'amore
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